Rallentati dalla pandemia i rendimenti dei fondi pensione che però rimangono superiori al TFR: numeri e trend nel Rapporto 2021 di Itinerari Previdenziali.
Pur nel contesto di crisi determinato dalla pandemia Covid-19, aumenta il patrimonio degli istituzionali italiani (fondi pensione, casse di previdenza e fondazioni), e i rendimenti rimangono superiori a quelli del TFR, avendo i maggiori investitori nell’economia reale che restano le Fondazioni bancarie e subito dopo le casse previdenziali, invece resta sempre basso il capitale dei fondi negoziali: sono alcune delle cose evidenziate dall’ottavo Rapporto sugli investitori istituzionali italiani del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.
Il patrimonio degli investitori istituzionali italiani (fondi pensione negoziali, preesistenti e forme di assistenza sanitaria integrativa, Casse Privatizzate e Fondazioni di origine Bancaria) è aumentato dell’88,9% dal 2007, passando da 142,85 miliardi di euro del 2007 ai 269,84 miliardi di euro del 2020. In percentuale del PIL, il patrimonio di questi soggetti è pari al 16,3% e, includendo anche il welfare privato (Compagnie di Assicurazione del settore vita, rami I, IV e VI, fondi aperti e PIP), tale rapporto aumenta al 57,8%.
I rendimenti, prendendo in considerazioni quelli durante l’anno della pandemia, sono nettamente inferiori a quelli dell’anno precedente, il 2019, ma sempre positivi. Le Fondazioni di origine bancaria segnano un +3,6% (6,5% nello scorso anno), poi seguono i fondi pensione negoziali con un +3,1% (7,2% nel 2019), i fondi aperti con +2,9%, i fondi preesistenti con il 2,6% e le gestioni separate con +1,4%. In negativo le unit linked, -0,2%. I rendimenti obiettivo, ovvero TFR, inflazione e media quinquennale del PIL, si sono attestati rispettivamente all’1,2%, -0,2% e 2%.
«L’allocazione degli attivi investiti ha consentito di superare positivamente un anno che ha complicato le gestioni finanziarie di tutti gli operatori di mercato anche grazie alla diversificazione – afferma Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali -, attuata sempre più mediante una gestione diretta in private market e con fondi d’investimento a gestione attiva». Gli investimenti: anche essendo in alcuni casi preponderanti, si riduce l’investimento in titoli di Stato e, sommariamente, nel reddito fisso, aumenta l’affidamento delle risorse a gestori sempre più specializzati e con strategie innovative e diversificate, diventa più forte il ricorso a piattaforme d’investimento destinate a singoli investitori o condivise tra più soggetti istituzionali e si costituiscono SICAV multicomparto, e crescono gli investimenti in economia reale, anche domestica.
Qui, si può vedere il punto debole rappresentato dai fondi negoziali. La destinazione all’economia reale è al 44% fra le Fondazioni di origine bancaria, scende al 22% per le casse dei professionisti, invece si fermano al 2,58% e al 3,98% del patrimonio i fondi pensione negoziali e preesistenti. «A impressionare non positivamente – spiega Brambilla – è sicuramente l’esiguità degli investimenti dei fondi di natura contrattuale, in gran parte alimentati dal TFR “circolante interno” alle aziende e che, quindi, è e dovrebbe essere la prima e principale forma di sostegno all’economia reale». Si evidenziano comunque diversi percorsi d’investimento intrapresi aggregando i patrimoni di più fondi. «Dal 2007 alla fine del 2020 ai fondi pensione e al fondo gestito dall’INPS sono confluiti circa 155,45 miliardi di TFR sottratti alle imprese italiane – prosegue Brambilla -, alle quali ne sono tornati mediamente il 3,5% l’anno, che possiamo stimare in circa 36 miliardi di euro. Dati su cui riflettere, anche per le loro ripercussioni sia sull’occupazione sia sulla produttività e, quindi, sullo sviluppo del nostro Paese». Eccoli con precisione:
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