L’obiettivo 2021 per l’export alimentare di 50 miliardi si avvicina: l’Italia sta finalmente vivendo la sua ripresa economica nell’ambito dell’industria alimentare, registrando un incremento delle esportazioni rispetto alle importazioni.
Si è conclusa la XX edizione di Cibus, Salone internazionale dell’Alimentazione, per la prima volta in presenza dopo il 2018 e prima occasione di incontro post lockdown tra produttori e buyer internazionali. Motivo della decisione di riprendere questo tipo di eventi in presenza è stata la difficoltà, come ha spiegato Antonio Celie, CEO di Fiere di Parma, di virtualizzare alcuni prodotti.
L’Italia ha deciso di ripartire dall’agroalimentare, settore che nella nostra nazione è sempre stato trainante dell’economia e dell’export. Già nel primo semestre del 2021, questo settore ha registrato un aumento quasi del 10% rispetto all’anno precedente, come appunto evidenzia Carlo Maria Ferro, presidente di ICE Agenzia. Ivano Vascondio, Presidente Federalimentare, vede il raggiungimento della quota di 40 miliardi export nel settore alimentare, e l’aggiuntiva quota di 10 miliardi all’agricoltura come un obiettivo più che raggiungibile. Di conseguenza, l’obiettivo di 50 miliardi mancato nel 2020, quest’anno sarà realizzato.
L’industria alimentare italiana, dopo Germania e Francia, è terza per il fatturato in Europa, mentre in ambito mondiale si trova al sesto posto. Quest’anno, per la prima volta, le esportazioni hanno superato con un valore di circa 25 miliardi le importazioni, che registrano circa 23 miliardi. L’expo ora raggiunge nuovi mercati, quali Vietnam, Malesia e Corea, elementi trainanti sono principalmente quelli DOP e IGP, che ricoprono circa il 25% sul totale dell’expo.
La fiera ha ospitato circa 2000 espositori e un numero inferiore di visitatori, per un totale di 40000 operatori commerciali. I buyer presenti provenivano da tutta l’Europa, ma anche da Corea, USA, Sudafrica, Russia e Medioriente, mentre mancavano quelli del Giappone, Cina e Australia. Protagonisti della fiera sono stati i prodotti made in Italy, ovvero tutti i grandi classici che mantengono alto l’onore della gastronomia italiana nel mondo. Tra le novità proposte, la tendenza salutista o del plant based, diffuso molto anche negli Stati Uniti; tra le varie proposte ritroviamo il salame senza sale, formaggi vegetali, hamburger di legumi, nonché rivisitazioni dei grandi classici Made in italy, quali il Parmigiano Reggiano, ora nella versione spalmabile.
Aver reso possibile la presenza in fiera, ha dato la possibilità ai buyer di toccare con mano le novità, di scambiare idee con i venditori, e ai produttori di avere a che fare con dei compratori con idee molto chiare e ben decisi a concludere buoni affari.
L’entusiasmo, però, non è stato l’unico sentimento caratterizzante di questo evento, poiché la preoccupazione ha avuto un importante ruolo: a preoccupare sono l’aumento generalizzato dei costi, delle materie prime, dell’energia e dei trasporti, che pesano molto sul prezzo finale, mettendo a rischio le vendite, nonché il limite segnato da molte frontiere chiuse, che rallentano il business oltre oceano. Oggetto di preoccupazione è anche il futuro e le sfide che esso comporta; i consumatori sono sempre più esigenti, attenti alla sostenibilità e alla propria salute. Innovare con packaging sostenibili e l’uso accurato di materie prime stanno diventando must have in questo campo. In ogni caso, la fiera appena conclusasi è stata dispensatrice di fiducia per il nostro paese, che nei suoi prodotti ci crede e investe, ma anche per il resto del mondo.
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